Approfondimento Studi Universitari

Immatricolatosi al Corso di Filosofia della Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università del Salento, si dedicò con passione all'approfondimento di temi ed autori proposti dai docenti e assistette ricavando molte suggestioni, che germineranno successivamente, dal dibattito culturale italiano dei primi anni Ottanta del secolo scorso.

Durante gli anni universitari risultarono per lui importanti:

- la lezione di Giuseppe Agostino Roggerone, storico della filosofia, studioso di Rousseau e del pragmatismo americano, ma anche autore di saggi di pedagogia per riviste quali “Rassegna di Pedagogia”, “Pedagogia e Vita”, che lo avviò a riflettere sul nesso pedagogia-politica, nonché sulla dimensione utopica della pedagogia (vivo è ancora il ricordo di un corso monografico su Saint Pierre e la sua idea di un'unione politica dell’Europa quale antitodo alle ricorrenti guerre fra le nazioni del Vecchio Continente). Grazie a lui conobbe l’Emile e poté soffermarsi sul concetto di educazione negativa. Rimase suggestionato dall’idea del maestro come figura che sa astenersi dall’intervenire direttamente sull’allievo, mentre si preoccupa, invece, di preparare le condizioni dell’apprendimento agendo sul contesto educativo;

- la conoscenza della filosofia italiana, per il tramite della lettura dei testi di Eugenio Garin miranti alla ricostruzione di una linea di pensiero nazionale, dei due libri di Antimo Negri dedicati all’attualismo, dei testi di Giovanni Gentile, di cui approfondì sia l’architettura filosofica sia specificamente le riflessioni in ambito pedagogico e di politica scolastica (la lettura di Gentile gli tornò utile per valorizzare la riflessione di G.B. Vico e la sua idea attivistica del conoscere);

- gli apporti di Cosimo Perrotta, di Vito Antonio Gioia, di Egidio Zacheo e di Mario Proto, che gli consentirono di studiare Marx, Althusser, i marxisti italiani e, tra questi, soprattutto Cerroni. Lesse Colletti, molti testi sul rapporto Rousseau-Marx, Hegel-Marx, Marx-Lenin, approfondì il concetto di lavoro quale strumento di mediazione del rapporto uomo-natura ed organizzatore della coscienza, studiò la nozione di materialismo storico, si soffermò sulla funzione dell’ideologia, maturò l’idea della scuola come luogo della riproduzione sociale, ma anche terreno di confronto, scontro di differenti idee di società, imparando tuttavia a nutrire l’idea della indi-spensabilità di contestualizzare ogni prospettiva di riforma scolastica guardando al più ampio contesto socia-le, alla dialettica delle forze economiche, sociali e politi-che, che costituiscono il reale ed inevitabile campo di possibilità che disegna i contorni delle zone di sviluppo del sistema scolastico e le potenzialità di successo/insuccesso dei tentativi di modificarlo più o meno profondamente;

- grazie alla cattedra di Filosofia morale (tenuta all’epoca da Maria Rosaria Manieri) conobbe il marxismo di Antonio Labriola e il riformismo di Arturo Labriola, le correnti del liberalismo socialista dei fratelli Rosselli, il pensiero di Filippo Turati e Rodolfo Mondolfo, le critiche di Bernstein al marxismo della Seconda Internazionale, il tentativo della cultura tedesca dei primi decenni del XX secoo di far incontrare Kant con Marx. Lesse Ernest Cassirer, del quale apprezzò il tentativo di porre accanto alla normatività della struttura logica dell’esperienza scientifica, le forme di ulteriori esperienze della umana coscienza, irriducibili alla conoscenza scientifica, quali la morale, l’arte, la religione. Fu assai colpito dalla proposta di Cassirer di considerare, nell’itinerario filosofico kantiano, centrale non la Critica della ragion pura, ma la Critica del Giudizio. Incontrato, tra le sue letture, Ferruccio Rossi Landi, volle approfondire taluni aspetti del suo pensiero: soprattutto fu attratto dal tentativo riscontrato di connettere semiotica e marxismo, quale espresso in Semiotica e ideologia (1972);

- i corsi di storia della filosofia (tenuto da Giovanni Papuli) e di estetica (tenuto da Pio Rasulo) lo aiutarono a conoscere l’idealismo tedesco e taluni filosofi italiani, quali ad esempio Luigi Pareyson, del quale lo colpì sia la lettura di Fichte e della sua tensione pedagogica, espressa ne La Missione del dotto, sia il concetto di formatività, così come è enunciato nell’Estetica (1974). Pareyson definisce la formatività un procedimento che mentre agisce inventa il modo di agire. Si tratta, dunque, di un “fare critico, intellettualmente attivo, che si interroga lungo il suo procedere”. L’opera artistica per Pareyson non può essere altro che materia formata, l’opera perciò consiste nel suo essere materia che ha ricevuto dall’artista una configurazione interna e delle proprietà specifiche. Per il giovane studioso questo era una conferma della necessità di declinare l’impegno filosofico in un confronto serrato con la prassi, un altro modo di dire quanto aveva appreso attraverso le sue letture marxiste. L’interesse per Pareyson divenne desiderio di approfondirne il pensiero. Fu così che egli lesse Esistenza e persona (1950) e Verità e interpretazione (1971). Aveva intuito in Pareyson una tensione etica che ammirava: soprattutto apprezzava il suo tentativo di legare intimamente pensiero e vita. Attraverso Pareyson scoprì l’esistenzialismo. Lo interessò la riflessione che Pareyson faceva, passando per Kierkegaard, in merito all'esistenza come coincidenza paradossale di autorelazione ed eterorelazione. L’esistenza – gli insegnava Pareyson – è se stessa e comprende se stessa in quanto è relazione con l’altro e comprende l’altro. Non vi è quindi via di raggiungere la realtà che quella di interpretarla con la singolarità del proprio umano destino. Ne consegue che ogni tentativo di rapportarci alla verità è un’ermeneutica. Nell’interpretazione è mantenuta la trascendenza dell’essere e la natura intrinsecamente libera di ogni tentativo umano di apprendere la verità. Da Kierkegaard a Sartre il passo fu breve. Lo attrasse il concetto sartriano di impegno, cercava il senso dell’operatività intellettuale, e allora Sartre apparve corrispondere all’altezza del suo radicalismo. Fu colpito dalla fenomenologia dello sguardo disegnata dal filosofo francese, dalla problematicità con cui egli articolava il rapporto io-tu. Le frequentazioni della cultura francese lo portarono ad incontrare Albert Camus, del quale leggerà l’opera integrale. Ne La peste riscontra il senso di una concezione della solidarietà umana – insieme ironica e disincantata – che condivide. Di Camus lo impressionarono i temi del silenzioso amore con la madre, del maestro elementare a cui egli rimarrà perennemente legato, fino a nominarlo nel discorso di accettazione del Premio Nobel, della mediterraneità disperatamente solare;

- una scoperta, alla quale ancora oggi appare legato, è quella di Michel Foucault, realizzata grazie ad un corso monografico sulla Storia della follia tenuto da Bianca Rosa Gelli, allora impegnata nel movimento dell'antipsichiatria. Gelli fu per lui importante per svariati motivi. Con lei ebbe una relazione di studio esorbitante il contesto universitario, che gli consentì di conoscere (in termini anche sufficientemente approfonditi) il dibattito nazionale sulla chiusura dei manicomi, lo avvicinò alle teorizzazioni della Scuola di Palo Alto, lo impratichì alla psicoanalisi, lo avviò alla conoscenza del movimento degli ideologues francesi e alle loro riflessioni sul rapporto medicina – filosofia – politica. Fu in quell’occasione che egli poté studiare – per la mediazione soprattutto dei libri di Sergio Moravia – il dibattito sviluppatosi a fine Settecento in Francia sul selvaggio dell’Aveyron, su Jacques Itard, la nascita della pedagogia speciale, il progetto di una didattica scientificamente fondata. Nei progetti del periodo vi era l’ipotesi di una tesi di laurea sul concetto di sforzo in Maine de Biran, l’ideologo già impregnato d’una sensibilità che si direbbe romantica, precursore di talune intuizioni freudiane. Gelli inoltre era impegnata politicamente nelle file del Partito Comunista. Di lì a poco sarà eletta deputato, per cui lascerà l’università. Salvatore Colazzo si troverà a collaborare attivamente nella sua segreteria, seguendo soprattutto l’iter del dibattito legislativo attorno all’istituzione dell’Ordine degli psicologi, il confronto – assieme culturale e politico - sull’educazione sessuale, nonché quello relativo alla legge 180 sulla chiusura delle istituzioni manicomiali;

- in Università ebbe occasione di conoscere Roberto Maragliano, che svolgeva all’epoca il suo periodo di straordinariato presso l’Ateneo salentino, e, per il suo tramite, poté tornare a studiare l’Emile di Rousseau, ad approfondire le teorie del curricolo, a conoscere la storiografia francese (Ariès, la scuola de Les Annales), a comprendere l’importanza dell’analisi demografica e statistica per lo studio della società. Fu così che maturò l’idea di abbandonare il lavoro di tesi intrapreso su Biran per cominciare un elaborato sulla pedagogia e didattica della musica, fruendo della guida di Maragliano, che lo aiutò a ricostruire lo statuto epistemologico dell’educazione musicale, a tematizzare la separazione musica/cultura, a interrogarsi sulla situazione istituzionale dell’istruzione musicale, espressa da un Conservatorio più propenso a qualificarsi come “scuola d’arte”, che non a investire di una riflessione a tutto campo il fare musicale. Maragliano lo chiamò a collaborare con gli Editori Riuniti, per i quali egli svolgeva lavoro di consulenza, e segnatamente con la rivista “Riforma della scuola”, della cui redazione faceva parte. Pertanto pubblicherà un certo numero di articoli, fra cui uno di un qualche rilievo, in due puntate, che esaminava i principali libri di testo di educazione musicale esistenti, rilevandone pregi e punti critici, in ordine soprattutto al modello pedagogico di riferimento. Per gli Editori Riuniti di lì a poco pubblicherà, rimaneggiata, la sua tesi di laurea. In quel periodo, particolarmente fecondo, collaborerà anche con la Nuova Italia e con Giunti;

- la frequenza dei corsi di storia della fisica, presso la Facoltà di Matematica dell’Università di Lecce, inseriti nel suo piano di studi per completare la sua formazione, confermemente ai propri interessi culturali, gli consentì di approfondire problematiche di metodologia della ricerca scientifica e di epistemologia. Fu allora che lesse e studiò Popper, Lakatos, Kuhn e Feyeraband. Rimase particolarmente impressionato dalle posizioni di Kuhn.

Nel luglio 1985 si chiuse la sua formazione universitaria con la laurea, conseguita col massimo dei voti e la lode, in una sessione presieduta da Mario Marti, discutendo la tesi dal titolo: “Teoria e pratica dell’insegna-mento musicale nella scuola media”, relata da Roberto Maragliano e correlata da Angela Perucca.

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